DERIVA NEI CONTINENTI

Le Valli del Natisone e i luoghi dell'emigrazione
negli archivi fotografici di famiglia


Deriva nei continenti è stata un’occasione per guardare all’emigrazione dalle Valli del Natisone da una prospettiva diversa da quella cui siamo abituati. Di un fenomeno che ha così fortemente segnato questo territorio e la sua comunità – dando per assodati gli aspetti storici, economici e sociali più dolorosi già peraltro abbondantemente e autorevolmente affrontati – ci siamo lasciati alle spalle la retorica che spesso lo ammanta, concentrandoci sulle impressioni scaturite dall’osservazione di una selezione, seppur limitata, di fotografie provenienti dagli archivi privati delle famiglie di origine. Da esse sembra emergere soprattutto il lato “liberatorio” del fenomeno migratorio.
In questa esposizione si è voluto dare risalto all’“oggetto fotografico” – sono state esposte oltre 300 fotografie originali messe a disposizione dalle famiglie per l'occasione – e alla sua forza comunicativa, al di là di ogni considerazione di natura tecnica o artistica e di ogni sistematizzazione storico-scientifica, mettendo in mostra immagini che tessono il rapporto tra chi è partito e chi è rimasto.
L'intento era quello di ricostruire un racconto collettivo che non si limitasse ad un’unica vicenda familiare, ma abbracciasse l’intera comunità delle Valli del Natisone, e diventasse ad un tempo emblema di tutte le famiglie coinvolte in esperienze di emigrazione. Nella scelta delle fotografie da esporre non si è cercato l’eccezionale, lo straordinario: si è preferito al contrario privilegiare momenti assimilabili all’esperienza di ognuno, magari banali, ma proprio per questo rivelatori delle forme più comuni di autorappresentazione della propria esperienza esistenziale.

 



In tal modo si testimonia come il rituale della fotografia – in particolare all’estero e soprattutto a partire dagli anni Cinquanta – accompagnasse i momenti più importanti della vita familiare, quelli in cui gli emigrati pensavano alla famiglia d’origine e con l’invio di una fotografia la rendevano partecipe del proprio quotidiano.
Il matrimonio e la nascita dei figli, la comunione e la laurea, il Natale e i compleanni; i cantieri, le miniere e le fabbriche; i locali e gli alberghi dove le ragazze prestavano servizio come cameriere; quindi la casa e l’automobile come “prova” del benessere sociale ed economico conseguito, soprattutto nelle fotografie provenienti dal Nordamerica, da cui, a differenza di quelle “europee”, sembra escluso ogni riferimento alla durezza delle condizioni del lavoro e predomina piuttosto la rappresentazione del sogno americano realizzato.
Ma anche le feste, i momenti di svago in città, l’esperienza – che possiamo supporre esaltante – dei luoghi metropolitani con il traffico, le vie affollate, le luci dei caffè, l’emancipazione (soprattutto femminile) inimmaginabile nel mondo rurale che si era lasciato alle spalle.

 



Il comfort e l’agiatezza presenti nelle fotografie provenienti dall’estero, spesso a colori, dialogano con il mondo in bianco e nero ancora prevalente nelle fotografie delle Valli del Natisone; alle numerose istantanee scattate in famiglia dagli emigranti stessi, si contrappongono le ben più rare fotografie “canoniche” realizzate negli studi professionali cividalesi o dai rari fotografi di paese, cui ci si doveva rivolgere per un’immagine che ricambiasse le molte che giungevano dai più diversi paesi del mondo.
L’assenza di didascalia con riferimenti anagrafici, temporali e di luogo nelle fotografie esposte – didascalia che spesso tende ad orientare in modo univoco, e quindi limitare, la “lettura” di un’immagine – lungi dal voler minimizzare le esperienze individuali di cui sono traccia visibile, porta a stimolare un approccio personale a ciascuna di esse, consentendo ad ognuno, secondo la propria sensibilità, di comporre il racconto che ogni immagine sollecita.
Ad uno sguardo attento non sfuggiranno comunque i segni utili per ipotizzare una loro collocazione spazio-temporale o, per coloro che a qualche titolo sono direttamente coinvolti, la possibilità di riconoscere le circostanze e le persone ritratte.

La mostra è stata realizzata in occasione del 40. anniversario di fondazione dell’Unione Emigranti Sloveni del FVG, in collaborazione con l'Associazione artisti della Benecia

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