Le immagini che presentiamo in questa mostra fanno parte della raccolta privata della famiglia Jussig di Azzida (San Pietro al Natisone), composta da un numero cospicuo di fotografie e da 560 negativi in pellicola di diverso formato, e sono questi ultimi che abbiamo considerato nel nostro lavoro.
Le fotografie sono state scattate lungo un arco di tempo che va dagli anni della prima guerra mondiale fino agli inizi degli anni sessanta da membri della famiglia stessa; non ci troviamo quindi di fronte a ciò che resta dell'archivio di uno di quei rari fotografi ambulanti che già nei primi decenni del Novecento percorrevano con il loro ingombrante armamentario le stradine e i borghi delle Valli del Natisone.
Sono immagini che testimoniano di una “tradizione” fotografica familiare che si è trasmessa da una generazione alla successiva, e che ha origine – come detto – quasi un secolo fa. Il primo autore degli scatti è stato un ufficiale dell’esercito italiano;  dopo di lui si sono susseguiti diversi membri della famiglia. Questo aspetto appare piuttosto insolito nelle Valli di quei tempi, se ne consideriamo la condizione di arretratezza economica, dove il possesso di una macchina fotografica rappresentava un caso eccezionale almeno fino agli anni del cosiddetto boom economico. Pochi potevano qui permettersene una per uso personale, e l’impiego “ludico” del mezzo per la stragrande maggioranza della popolazione era una pratica del tutto sconosciuta.


Nel setacciare la storia fotografica di questa famiglia, ci siamo basati innanzitutto sulla “bellezza” e sugli aspetti curiosi delle singole immagini e di alcune immagini in serie o semplicemente simili per soggetto, considerate come oggetti estetici ancor prima che come funzionali trasmettitori delle memorie familiari (chissà quante e quali di queste foto avrebbero trovato posto in un ordinato album da conservare in casa).
Spesso sono foto “sbagliate”, conseguenza di imperizia nell’uso del mezzo – ma va tenuto presente che le macchine fotografiche dell’epoca non consentivano di scattare istantanee senza incorrere in frequenti “incidenti di percorso” – cosa che talvolta può generare, proprio grazie a questo spontaneismo, risultati magari frustranti rispetto alle aspettative dell’autore e inammissibili secondo i parametri da manuale della foto ben fatta, ma interessanti, se visti a posteriori e con altri occhi.


La selezione delle immagini prescinde da ragioni private, ed è svincolata dall’esigenza di fissare il ricordo di persone conosciute ed eventi considerati memorabili in seno alla famiglia che ha gelosamente conservato queste fotografie nel tempo. La nostra intenzione era quella di evocare, in modo quasi rabdomantico e, se vogliamo, arbitrario, al di là del luogo e del tempo specifici cui le fotografie si riferiscono, i ricordi e la storia comune di molti, ad Azzida come altrove, immortalati in epoca pre-digitale: il volto sfuocato di parenti lontani dei quali si è dimenticato anche il nome, l'infanzia, un viaggio per mare, gli animali di casa, le lunghe giornate estive trascorse nei cortili e al fiume, le prime schermaglie amorose adolescenziali...


Così la selezione può anche essere vista come una sorta di catalogo di curiosità, sottese alla natura stessa del medium, alle caratteristiche fisiche dei materiali, alle pratiche spontaneistiche dei “fotografatori”. Un altro elemento che abbiamo voluto emergesse con evidenza sono le tracce di deterioramento impresse sulla pellicola, sia essa l’emulsione o il supporto, come segno tangibile lasciato dal tempo che trascorre incidendo sulle cose e, in senso traslato, sulla stessa memoria.


Al primo corpus di foto della famiglia Jussig se n'è aggiunto un altro nato da un pomeriggio di raccolta pubblica delle immagini, durante il quale le persone del paese sono state invitate a costruire un album comunitario di fotografie, tra ricordi, smemoratezze, affascinanti racconti. L'album è nato dalla digitalizzazione in loco delle foto e ha permesso di cogliere alcuni aspetti della storia del paese, senza tuttavia volerli indagare o rendere sistematici, piuttosto come un affresco visivo per esempi della vita di Azzida, come appare nelle fotografie. Abbiamo considerato questo incontro come un episodio iniziale, un primo momento di partecipazione verso una più ampia escursione sulla fotografia delle nostre Valli nel fondo dei cassetti di famiglia.
Le fotografie proposte in questa mostra svolgono così più racconti paralleli, che invitano a seguire diversi percorsi tematici: gli episodi di vita di una famiglia e di un paese delle Valli del Natisone; una piccola, parzialissima storia dell'uso sociale del medium con i suoi soggetti tipici; un compendio di pratiche fotografiche spontaneistiche, con i loro errori e le loro imprevedibilità; un'attenzione “microscopica” sul decadimento del materiale analogico.







 

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