GRAZIANO PODRECCA
Nuova guida fotografica
della città di Lubiana

21x15 cm
80 pagine
breve nota bilingue italiano/sloveno
tiratura: 500 copie
2009

edito in collaborazione con
Circolo di cultura Ivan Trinko
di Cividale del Friuli

“Soffermarsi ad osservare una fotografia aiuta a sopravvivere”

L'instancabile “storia fotografica” di Graziano Podrecca (n. 1943) è iniziata alla fine degli anni Sessanta con la fotografia tradizionale – cui affiancava lo sviluppo e la stampa “casalinghe” – ed è proseguita con naturalezza nel passaggio al mezzo digitale.
L'indagine di soggetti già noti (paesaggi, momenti di vita paesana, ritratti di anziani e bambini – soprattutto delle Valli del Natisone – ma anche la flora alpina catalogata con metodo) si è ampliata negli ultimi anni verso nuovi filoni d'interesse, come i ritratti raccolti nel corso delle sagre paesane, le periferie e i bar di città, le istantanee urbane: si tratta spesso di luoghi ad alta frequentazione dove sottoporre coloro che entrano nel raggio d'azione della sua discreta digitale ad una sorta di “catalogazione” antropologica.
Un rapporto ludico e tragico, quello di Podrecca con il mezzo fotografico, che sembra derivare più dall'istinto da cacciatore in attesa di sorprendere la preda, che da un progetto pianificato a tavolino in vista di un preciso obiettivo. È così che le nuove serie fotografiche si delineano come uno sperimentale work in progress a tempo indeterminato, che si reitera indefinitamente nei giorni e negli anni, assecondando il presentarsi delle occasioni e la propria curiosità di investigare le pieghe del quotidiano.
Tra i luoghi preferiti Lubiana è certo un soggetto ricorrente, che diventa protagonista in questa Nuova guida fotografica. In essa viene proposta una selezione di fotografie realizzate nella capitale slovena tra il 2006 e il 2009. > leggi ancora

Podrecca frequenta periodicamente Lubiana già dagli anni Settanta, e con essa ha un profondo legame affettivo (è il luogo dove ha conosciuto la moglie Luisa): una città che per l'autore ha un fascino immutato, seppure nel tempo sia cambiata radicalmente.
“Non posso andarci senza passare per il mercato” dice. E il mercato, anche nelle foto degli anni 2000, sembra fermo nel tempo, agli anni jugoslavi in cui risalgono le sue prime frequentazioni della città. Ad esso si uniscono i ritratti dei passanti, i graffiti sui muri, i quartieri periferici all'alba di un giorno d'estate, i cortili fatiscenti e le vetrine all'ultima moda: tutti aspetti che convivono a distanza di pochi metri l'uno dall'altro.
Nelle fotografie selezionate in questa occasione si è scelto innanzitutto di abbandonare il colore dell'immagine originale, prediligendo per la stampa un ricercatissimo bianco e nero. Un passaggio, questo, che astrae l'immagine dal luogo e dal tempo e che, attraverso una stilizzazione a posteriori, consente di prendere le distanze dal rapporto diretto con la realtà che l'istantanea dà l'illusione di cogliere.
Come guida fotografica alla città propone uno sguardo personale, rifiuta l'obbligo di mettere in rassegna i principali monumenti o gli aspetti pittoreschi, dando piuttosto rilevanza a momenti sfuggenti ed apparentemente marginali, cui siamo invitati a porre attenzione. La didascalia sintetica ma estremamente precisa che accompagna ogni immagine – in essa sono indicati data, luogo e ora esatta dello scatto, quasi a voler sottolineare l'importanza determinante della circostanza rappresentata in quel luogo e in quel momento – funge da contraltare ironico rispetto alla voluta “casualità” e ordinarietà dei soggetti.
“Non credo che le fotografie siano testimonianza di qualcosa, il bello delle fotografie è che stimolano l'immaginazione: quando le guardo mi interrogo sulla storia di quella persona, di quel cortile; mi chiedo chi abita in quella casa e cosa fa” dice l'autore, invitando ad un ruolo attivo nell'osservazione, che necessita di tempo e disponibilità al coinvolgimento.
Nell'era del digitale, la dilagante iperproduzione di immagini ne ha determinato inevitabilmente l'inflazione: l'atto meccanico di scattare fotografie (e affidarle alla rete), sembra predominare rispetto a quello di guardare, prima, ciò che si intende fotografare e, dopo, ciò che da quell'atto è conseguito.
Forse è proprio con la selezione di una serie limitata di immagini e la loro riproduzione in un volume da sfogliare che, grazie anche alla riappropriazione tattile dell'oggetto fotografico, si può tentare di restituire valore e senso a ciascuna fotografia.

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