PROSTOR V TEJ GALAKSIJI
(Un posto in questa galassia)
Slovenia-Italia 2011, 47'

> scheda tecnica

soggetto, sceneggiatura, regia Alvaro Petricig
fotografia Paolo Comuzzi
montaggio Paolo Comuzzi
suono Renato Rinaldi
con Anja Medved
musiche Renato Rinaldi, Ado Paolo Peressutti, Cabaret Voltaire
aiuto regia Michela Predan
segretaria di produzione Sara Hoban
produttrice esecutiva Martina Humar
prodotto da Nadja Velušček
produzione Zavod Kinoatelje (Slo), Kinoatelje (I)



Un regista muore improvvisamente durante le fasi preparatorie di un documentario dal titolo Prostor v tej galaksiji (Un posto in questa galassia). Il film avrebbe dovuto indagare le relazioni sempre complesse tra memoria personale e immagini – fotografie, filmati – attraverso una riflessione sulla pretesa “oggettività documentaria” di queste ultime, mettendone in forse lo statuto di testimonianze su cui basare la condivisione di una memoria plurale e collettiva.
Un'amica del regista scomparso, anche lei documentarista, decide di portare a termine il progetto rimasto incompiuto, partendo dai materiali ritrovati nell'appartamento dove lui abitava: alcune pagine di sceneggiatura frammentaria e lacunosa; una montagna di appunti disordinati e quasi illeggibili; filmati e fotografie emersi da armadi e cassetti; poche scene già girate, enigmatiche e apparentemente slegate tra loro; citazioni letterarie; ricordi personali; pensieri e domande sparse che si affacciano alla mente nei tempi morti delle attese.

Con Prostor v tej galaksiji si è trattato di mettere le proprie minuscole orme dentro quelle di alcuni giganti – Jean-Luc Godard, Chris Marker, ma anche James Joyce – ben consapevoli di percorrere una distanza che dal tacco non giunge nemmeno alla punta di una loro singola impronta.
Come in architettura, era necessario far stare in piedi una casa (un film) utilizzando dei materiali di costruzione che, in fondo, sono sempre gli stessi; nel caso dell'architettura vernacolare, poi, sono quelli che si trovano sul posto: la pietra, il legno, l'argilla... (filmati di famiglia, album fotografici, il contenuto dei propri cassetti...).
Eppure, ogni edificio alla fine risulta diverso dagli altri e questa è davvero la cosa che conta.










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